I Corsi di Pizzica dove trovarli

Come tutte la tradizioni popolari, anche la pizzica e la tarantella salentina hanno vissuto, nel corso della loro lunghissima ed antichissima storia, tante vicende da raccontare. La pizzica in particolare è nata e si è sviluppata da un fenomeno religioso e terapeutico fin da prima dell’era cristiana, ai tempi in cui sul territorio italiano si adoravano ancora dei pagani e si seguivano tradizioni culturali strettamente legate ai ritmi della vita contadina.

In particolare la musica ipnotica ed il ritmo frenetico della pizzica per molti versi ricorda certe musiche e certe danze pagane che avevano una precisa funzione esorcistica, perchè veniva utilizzata come cura per le cosiddette “tarantolate” quelle donne affette da una sorta di malessere psicologico ed esistenziale che nelle sue manifestazioni sintomatiche si esprimeva in forme molto simili alle convulsioni isteriche ed alla pazzia.

In antichità si riteneva che la causa di questa forma di “pazzia” fosse da attribuirsi alla puntura di un ragno molto comune nelle campagne dell’Italia meridionale, la tarantola, e che le convulsioni e la perdita di conoscenza delle donne fosse il segno di una forma di avvelenamento causato dal morso del ragno.

In realtà studi più moderni hanno evidenziato come quello della puntura del ragno fosse in realtà un tratto leggendario, e che la sintomatologia delle tarantolate fosse in realtà da attribuirsi a manifestazioni molto drammatiche di disagio soprattutto della popolazione femminile, così subalterna e sottomessa nella cultura contadina di un tempo. Oggi la pratica dell’esorcismo del morso della tarantola attraverso la danza è quasi scomparsa, sebbene rimangano ancora esempi di questo suo utilizzo.

Se la pratica terapeutica legata alla pizzica va via via scemando, è in forte crescita la passione per questa musica ed alle danze ad essa correlate.

Al Sud Italia tarantelle e pizzica sono ancora amate e praticate dalla popolazione in maniera massiccia, mentre nelle città settentrionali la pratica è molto meno diffusa, sebbene la presenza di molti immigrati provenienti dal meridione ha fatto si che non sia più così raro scoprire anche qui qualche gruppo di appassionati.

Al punto che sono sempre di più le possibilità per chi volesse accostarsi a questa antica tradizione di poter frequentare corsi di pizzica dove apprendere i primi rudimenti della danza e conoscere a fondo le modalità con cui questa si esprime.

Naturalmente nella terra della pizzica, il Salentocorsi e lezioni di pizzica sono numerose, disponibili sia nelle cittadine più grandi ed anche nei paesi, ma una breve ricerca sulla rete farà la sorpresa di curiosi ed appassionati nello scoprire come in diverse città italiane siano tantissime le opportunità di cimentarsi con le aspre sonorità di questo antico ballo.

Spesso i corsi hanno un’impostazione moto generica, comprendendo nello stesso ciclo di lezioni sia l’apprendimento della pizzica, la danza specificamente salentina, alla quale si accosta la conoscenza e l’apprendimento di altri analoghi balli diffusi in tutta l’Italia Meridionale, come la tarantella o la tammuriata.

La tarantola nel cinema

Tarantola, il bacio della Tarantola, la Tarantola dal ventre nero, solo per citare alcuni dei titoli che la dicono lunga su quello che è stato il rapporto del mondo del cinema con questo insetto tanto impressionante quanto in realtà innocuo per l’uomo.

Nei film, in genere ascrivibili all’horror di bassa categoria, ma con qualche incursione nella grande produzione, come “Aracnofobia” apparso sugli schermi cinematografici all’inizio degli anni ’90, il ragno è il protagonista indiscusso di episodi terribili in cui viene esaltata la pericolosità di questo, che si trasforma in un pericoloso assassino, per volontà propria, o di qualcuno che ne utilizza le doti di avvelenatore per perseguire oscuri progetti volti alla soppressione di rivali in amore o nemici assortiti, in un turbine di morti avvelenati misteriosamente che in generale termina con la distruzione del piccolo insetto.

Talvolta il ragno, come era in voga nei film horror statunitensi degli anni ’50 diventa gigante, a causa di qualche esperimento, chimico o radioattivo, e semina il terrore fino ad essere abbattuto a colpii di napalm e di artiglieria pesante.

Talvolta, come nei gialli all’italiana degli anni ’70, il ragno viene evocato in storie misteriose e torbide più che altro per la sua presunta crudeltà, al pare del suo simile, la “vedova nera”.

In molti casi i critici sono concordi che, in film del genere, il piccolo ragno, uno tra gli insetti più famosi nel mondo della cinematografia, svolge il suo ruolo di attore al pari o addirittura meglio dei suoi colleghi umani.

Lycosa tarentula

Lycosa tarentula è il nome scientifico di un piccolo ragno, della famiglia degli aracnidi, la cui presenza nei territori mediterranei è conosciuta da millenni, sembra che gli antenati del ragno attuale fossero già presenti sul pianeta già 400 milioni di anni fa.

Il nome del ragno volgare è “Ragno Lupo”, ma nel Salento si è cominciato molto tempo fa a chiamarlo tarantola, e le origini di questa denominazione sono molto oscure, per qualcuno infatti tale appellativo deriva da Taranto, mentre per altri la provenienza è da attribuirsi al fiume Tara, un piccolo corso d’acqua che scorre poco distante da Taranto sgorgando, come comune a molti fiumi del territorio carsico, dopo un percorso sotterraneo tra profonde caverne.

Il morso di questo ragno è doloroso, come ben sanno i contadini che d’estate si apprestano a fare la raccolta del grano, ma non è assolutamente mortale, e, se si dovesse descriverlo, assomiglia a grandi linee alla puntura delle vespe o delle api.

Ciononostante al morso del ragno è stato associato il fenomeno del tarantismo, una sorta di disturbo di carattere neurologico e psichiatrico.

Il nome tarantola nel corso del tempo è stato associato ai ragni di grandi dimensioni che nel territorio europeo sono sconosciuti, e che invece abbondano negli altri continenti, dall’Asia all’Africa alle Americhe, le migali.

Anche se più impressionanti per le dimensioni, ad oggi non è stata ancora scoperta, neanche tra le specie più grandi, nessuna che si possa effettivamente considerare mortale per l’uomo.

Allevare una tarantola

Allevare una tarantola è diventato un fenomeno per certi versi di moda alcuni decenni fa, probabilmente sull’onda di un grande successo cinematografico che il ragno aveva conquistato sulle scene dei film horror.

Anche se molti di essi erano sicuramente prodotti artistici di bassa o bassissima qualità, ciò ha contribuito a far si che la tarantola entrasse, a pieno diritto dentro le case di molti appassionati di allevamento di animali, sebbene per alcuni ciò possa sembrare profondamente repellente.

Naturalmente non si parla dell’allevamento del piccolo aracnide comune in Salento e nelle altre regioni dell’Italia Meridionale e delle coste del Mediterraneo, troppo piccolo, e forse anche un pochino “sfuggente” per diventare il preferito dei novelli allevatori.

Piuttosto a finire in terrari, gabbiette e teche in vetro sono stati gli esemplari di “tarantola” provenienti dai paesi asiatici e soprattutto dal continente sudamericano, dove il ragno raggiunge proporzioni anche notevoli: scientificamente, più che di tarantole, si tratta di una famiglia parallela, quella delle migali.

Se da un lato tale passione può avere, a ben guardare, anche dei risvolti positivi, primo tra tutti la possibilità di arginare tante delle legende intorno a questi animali, per la maggior parte innocui per l’uomo al pari di vespe, api e calabroni, dall’altra ha provocato un effetto negativo perchè, oltre ai ragni allevati allo scopo, e quindi “ammaestrati” a vivere in cattività, la forte domanda ha provocato la razzia di esemplari di ragno catturati in natura strappandoli al loro ambiente naturale per farli finire in gabbia, cosa che, per la maggior parte di essi, coincide con una lunga e terribile agonia.

Salento: terra di ri-morsi

È difficile collocare cronologicamente l’inizio dei mortali morsi della tarantola nel Salento. Nella cultura popolare questo pericoloso aracnide popolava prevalentemente i campi di grano (spesso anche quelli di tabacco). Giunto il periodo della mietitura le donne, armate di falce, tagliavano i grandi fasci di grano creando disturo alla vita tranquilla del ragno.

Questi, allora, per vendicarsi, pizzicava da sotto le gonne le donne iniettando un potente veleno in grado di provocare alterazioni fisiologiche e psichiche. La zona del morso si scuriva, apparendo come un livido scuro, segno della diffusione del veleno sotto la pelle. Il veleno, diffondendosi nel corpo della giovane, giungeva subito al cuore creando una profonda angoscia e difficoltà di respirazione. La ragazza, ora in una stato di alterazione psico-fisica, avverte dolori diffusi, in particolare dolore alle ossa, inappetenza e senso di nausea. Nello stadio inoltrato è preda di vere e proprie convulsioni e il suo stato psico-fisico viene aggravato se, intorno a lei, vi sono persone vestite di rosso, verde o azzurro.

Il pizzicato (o tarantato) nel Salento subisce una trasformazione. Le giovani vergini e le donne, dopo il morso, perdono ogni freno inibitorio e iniziano a scuotersi in maniera provocante, spesso impudica. Senza più alcuna vergogna nel mostrare le parti intime, si muovono provocanti alzando la gonna e lasciando vedere le parti intime. La leggenda vuole che molte di queste siano state pizzicate in mezzo alle gambe, da cui la perdita di ogni inibizione sessuale.

Le persone possedute non erano più in grado di controllare voleri e poteri, quasi fossero indemoniate. L’adorcismo (l’identificazione con la tarantola e il suo potere malefico) viene poi seguita da un rito, la musica ritmica e convulsa che fa contorcere la donna in terra, all’esorcismo, all’allontanamento dello spirito malefico da cui sono possedute: la tarantola. Sarà proprio questa danza timica e convulsa che , protratta per giorni e giorni, porterà alla liberazione dal male e al ritorno alla vita normale, quella di tutti i giorni. Una vita fatta di sofferenze, di lavoro e privazioni. In attesa di essere ri-morsi l’anno successivo.

San Paolo, protettore delle tarantate

Una volta che le fanciulle venivano morse dalla tarantola, cadevano in uno stato di possessione e tutto il paese si riuniva intorno a loro per aiutarle con un lungo rito di esorcizzazione. L’esorcismo collettivo veniva (ma la tradizione è ancora viva oggi) svolta all’interno della cappella della chiesa dedicata a San Paolo, a Galatina nel Salento, proprio durante la festa che celebra il santo della città. Alcune volte l’esorcismo iniziava in casa, dove i suonatori si riunivano per far danzare la pizzicata in modo da uccidere il ragno velenoso che l’aveva fatta ammalare.

La leggenda narra che al tempo della diffusione della parola di Gesù, i due discepoli, Pietro e Paolo, si erano recati in terra salentina. Il popolo dell’allora non ancora sorta Galatina accolsero con grande calore l’arrivo dei discepoli, e una donna offrì loro tutto ciò che aveva: cibo per potersi sfamare e un giaciglio sul quale poter dormire. San Paolo, toccato dalla gentilezza proferita dalla donna che si era dimostrata così generosa, volle ricambiare tanta cortesia e benedisse lei e la sua famiglia, concedendogli il potere di guarire tutti coloro che sarebbero stati morsi dagli animali velenosi presenti nelle loro terre. La famiglia della donna e tutti i loro discendenti sarebbero diventati immuni ai morsi velenosi, e avrebbero potuto aiutare coloro che invece ne cadevano vittima. Per far ciò consacrò l’acqua del pozzo che avrebbe dato un valido aiuto nell’annullare il potere malefico del veleno. Ad ogni modo, affinché ciò avvenisse, era necessario seguire un rito, memoria di antichi riti propiziatori, da eseguire con fedele precisione.

Sulla ferita del morso dell’animale si doveva tracciare il segno della croce, simbolo di benedizione cristiana, e il pizzicato doveva poi bere dell’acqua benedetta del pozzo presente all’interno della casa della donna, in modo da poter vomitare tutto il male con il suo veleno.

Intorno alla fonte del pozzo, in seguito, è stata costruita una cappella, oggi chiesa di San Paolo, dove le donne pizzicate veniva poi portate per l’esorcismo, che spesso durava giorni e giorni. Finchè la donna, stanca e spossata, lasciava andare via il male grazie all’intercessione di San Paolo e alla protezione della Chiesa. Tornata alla vita di tutti giorni, spesso attendeva di essere morsicata, ancora una volta, l’anno successivo.

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