La funzione del colore nella taranta

La funzione del colore nella pizzica è notevole. Una delle componenti del rituale indiavolato che si scatenava intorno alle tarantolate era infatti la presenza di diversi fazzoletti o stracci di stoffa variamente colorata che facevano parte della coreografia del ballo.

Ma i colori non avevano solo una funzione estetica, ma erano uno degli strumenti principe del tentativo di esorcizzare il male dal corpo della vittima.

Una delle tradizioni popolari più conosciute riguardo alle tarantolate è il fatto che essere sembrano essere particolarmente sensibili ai colori, tanto da gettarsi addosso a coloro che avessero indossato un indumento o portassero una stoffa di un colore che poteva scatenare nella tarantolata una immediata reazione, in genere di carattere aggressivo.

E’ per questo motivo che anche nel momento del rituale intorno alla donna da esorcizzare si dispongano tutta una serie di nastri e stoffe colorate: vuole la tradizione infatti che qualora si riesca ad individuare il colore che fa agitare la malata si possa stracciare il pezzetto di stoffa corrispondente, contribuendo in questo modo ad alleviare il malessere o addirittura, in concomitanza con la musica a farlo sparire, almeno fino all’anno successivo, quando immancabilmente il male si ripresenterà.

E’ questo un altro dei motivi per cui gli studiosi della pizzica e del rito delle tarantolate sono così convinti che essa abbia origini ancestrali, perchè colori e musica sono stati da tempo immemore i fondamentali supporti di molta parte degli antichi riti pagani, e, psicologicamente, gli stimoli più intensi dei nostri sensi più importanti, la vista e l’udito.

I tarantolati nei documenti medici e scientifici

Il rituale del tarantismo è antico quanto la presenza delle prime comunità umane nel bacino del mediterraneo, e la prova di ciò è nella stessa modalità in cui esso si esprime, in cui si possono agevolmente rinvenire tratti tipici di analoghe manifestazioni di carattere spirituale e magico, che ancora oggi fanno parte del patrimonio dell’umanità in tutte le latitudini.

Un profondo legame con gli aspetti oscuri e magici del rapporto dell’uomo con l’ambiente circostante, dove magia e simbolizzazione di elementi naturali, in questo caso il piccolo ragno che si aggira nelle campagne, responsabile al massimo di una innocua puntura, servono per rappresentare antiche ed ancestrali paure dell’uomo, ed uno dei più antichi modi di esorcizzarle, attraverso la musica e la danza.

Per questa ragione già agli albori della scienza medica e della scrittura si hanno documenti che attestano della volontà dei letterati degli scienziati e degli intellettuali di descrivere un rito così antico, cercando di spiegarne le ragioni e le modalità in cui si esprimeva.

Nel 1362 tale Guglielmo Marra da Padova del 1362, racconta che una credenza popolare voleva che il ragno cantasse dopo aver punto la sua vittima e che questo fosse il motivo per cui proprio la musica servisse per alleviare le pene del tarantolato.

Nella metà del ‘400, Johannes Tinctoris, cita la questione dei tarantolati nel suo tentativo di dimostrare gli effetti terapeutici della musica, ed il famoso alchimista tedesco Cornelio Agrippa cita i tarantati pugliesi quando vuole dimostrare la forza ed il potere della musica sull’uomo.

Anche gli umanisti si occuperanno di descrivere il fenomeno dei tarantolati, come l’umanista Antonio De Ferrariis nel 1513.
Ed ancora più prossimo all’epoca dei lumi, un medico e scienziato, Giorgio Baglivi, scrive nel 1695 un intero trattato sul tema: “De Tarantula”.

Il tarantismo è ancora vivo?

In Puglia tutti conoscono la pizzica e l’hanno vista ballare almeno una volta. Ogni anno, a Melpignano e nelle terre circostanti, vengono organizzati Festival e manifestazioni per ricordare e commemorare i tempi delle pizzicate e “La notte della Taranta” è una di quelle manifestazioni che hanno fatto il giro del mondo.

Oggi assistiamo ad una disgregazione del fenomeno delle tarantate. Se nel passato, a giugno, le donne a frotte si recavano a Galatina, presso la cappella di San Paolo, per essere esorcizzate dal veleno del ragno, oggi queste donne sono davvero poche. Arrivano di nascosto in auto, generalmente accompagnate dai parenti più stretti, e subiscono il rituale in un luogo chiuso agli occhi dei curiosi.

Non è possibile entrare all’interno ed assistere al rito: la privacy viene difesa rigidamente. Se una volta i riti duravano giorni, oggi durano pochi minuti e le pizzicate escono veloci dalla chiesetta per ritornare quasi vergognose a casa, di corsa. Alcune delle pizzicate, se possono, cercando di risolvere la questione a casa propria, cercando di nascondersi agli occhi della gente.

Oggi non è più un fenomeno di massa e non si svolge con le modalità di una volta. La distanza storica fra l’epoca d’oro delle tarantate e l’oggi è ormai ampia. E si vede. Perché è successo? Perché sono cambiate le condizioni storiche e sociali e la situazione del Sud, e della donna nel Sud, è cambiata profondamente. Non che certe credenze si siano affievolite, ma la condizione della donna è cambiata. Non è più necessario farsi pizzicare dal ragno. Le donne stanno conquistando il loro spazio da sole e hanno altri modi per occupare il loro spazio nel mondo.

Ma le tarantate ci sono ancora e ci resteranno, anche se a volte solo nei balli, a memoria di un mondo, in fondo, non così lontano.

Endorcismo ed Esorcismo: il fenomeno delle tarantate

La tradizione vuole che le ragazze, una volta pizzicate dalla tarantola, presentino dei segni premonitori del malessere provocato dal veleno del ragno. Sulla potenza di questo veleno si sono interrogati medici ed etologi ma sino ad oggi non è stato individuato alcun ragno, presente in Puglia, in grado di provocare tali mutazioni neurovegetative e psichiche.

È facile immaginare che il ragno era uno stratagemma ideato per fuggire da una realtà di stenti e di difficoltà, sia a livello economico che sociale, problemi che si riversavano pesanti sulle spalle delle donne meridionali (in questo caso salentine). In giugno, quando le donne andavano a raccogliere le spighe di grano, venivano pizzicate dal ragno e si dava dunque inizio alla “danza”.

La prima cosa da fare era individuare che tipo di tarantola avesse pizzicato la donna. Nella stanza della donna pizzicata veniva suonata una musica con i tamburelli e con altri strumenti che avrebbe fatto muovere la donna secondo dei movimenti rivelatori della la razza dell’aracnide: taranta libertina, taranta muta, taranta tempestosa, etc. Inoltre venivano sottoposte ad una “esplorazione cromatica”: davanti a loro vi erano dei nastri sgargianti di vari colori, le zacareddre.

La loro reazione di fronte ai colori dei nastri sarebbe stato una ulteriore del tipo di tarantola coinvolta. Molte volte la loro reazione poteva raggiungere alti gradi di aggressività nei confronti di coloro che indossassero il colore della tarantola.

Prima ancora dell’esorcismo vero e proprio (la soppressione del ragno tramite la danza terapeutica della pizzica) vi era la fase dell’endorcismo: la pizzicata si identificava con il ragno e assumeva atteggiamenti e movimenti aracnoidi: si stendeva sul suolo, strisciava, mimava l’andatura del ragno, roteava il capo, cercava di arrampicarsi sulle pareti. Questa fase poteva durare anche alcuni giorni. La sera, esauste, crollavano a terra nei loro camicioni bianchi per riprendere la danza il mattino dopo. Solo la danza ritmica e frenetica della pizzica avrebbe potuto “far scoppiare” il ragno che l’aveva pizzicata. La fine del rituale avviene con il vero e proprio esorcismo: la danza frenetica che scaccia il male e le donne che calpestano i piedi per terra per schiacciare idealmente il ragno fino ad giungere a completa guarigione. Una volta guarite ritornavano alla loro vita di sempre in attesa dell’anno successivo, quando molte di loro venivano pizzicate nuovamente.