Pizzica e rituali pagani in Salento

La pizzica, ed il fenomeno delle tarantolate sono uno degli aspetti che testimoniano la permanenza all’interno della cultura popolare delle popolazioni salentine di antichi rituali di origine pagana, che nonostante la forte presenza della cristianità, e la profonda devozione per i santi ed il culto cristiano, non sono stati scalfiti che in parte ed hanno saputo mantenere viva e vivace la loro permanenza, complice il fatto di essere legati a profonde tradizioni ed esigenze della cultura contadina.

Così non mancano in Salento i riti legati al culto del fuoco. Questi sono presenti in moltissime comunità locali, dalle famose focare di Novoli e di Martignano, nel rogo che accompagna l’esplosione del “u’ Pupu” che simboleggia il passato a Gallipoli, tradizione quella dei falò che in Salento sarà affiancata a quella dei fuochi d’artificio che ne costituiranno una variante ancora più pittoresca e vivace., nel corso dei seicento, grazie alla comparsa della polvere da sparo.

I riti pagani sono presenti in altri aspetti della tradizione culturale e religiosa salentina, per esempio nel rito della pietra forata di Calimera, nel quale i pellegrini devono passare attraverso un foro praticato in un monolite risalente al neolitico, in tal modo da rappresentare una sorta di passaggio obbligato verso un futuro di prosperità.

Un altro esempio della persistenza dei riti pagani è l’usanza di adornare i menhir di rami d’ulivo, nel periodo pasquale, evidentemente una tradizione riferita al cristianesimo, ma che si è sovrapposta agli antichi riti che si svolgevano intorno a queste misteriose pietre infisse nel terreno.

De Martino e “La terra del rimorso”

De Martino è stato uno dei più importanti antropologi italiani dell’epoca contemporanea, in particolare con la produzione letteraria che inizierà appena dopo il secondo conflitto mondiale con la pubblicazione, per la casa editrice Einaudi, del volume “Il mondo magico”.

Nel saggio si delineavano già alcuni tratti della sua concezione del mondo magico ed arcaico della cultura contadina come una risposta irrazionale e sublimata alla storia di oppressione sia materiale che morale che culturale cui le popolazioni contadine sono da sempre state assoggettate.
Nel 1959 decide, con un’equipe mista di studiosi, psicologi, etnologi ed antropologi, di dirigersi a Galatina, il paese salentino famoso perchè ogni anno, il 29 giugno, nella piccola chiesa di San Paolo, si svolgeva un raduno di moltissime donne “tarantolate”, ovvero morsicate, si presumeva, da un piccolo ragno molto comune nelle campagne pugliesi e dell’Italia Meridionale.

Tale rito aveva da molto tempo affascinato studiosi e scienziati, ma nessuno ancora aveva cercato di darne una spiegazione puntuale che riassumesse in se tutte le tante componenti che vi entravano in gioco, la malattia di per se, che scientificamente non poteva essere effettivamente provocata dalla puntura del ragno, l’esorcizzazione del male attraverso la musica, con le sue conseguenze sia culturali che scientifiche di ciò, ed ancora la partecipazione collettiva ad un rito che evidentemente affondava le sue origini in un culto anteriore ai culti cristiani, e che, nonostante la pressione della chiesa, sopravviveva orgogliosamente ad ogni tentativo di assimilazione.

La sua ricerca sarà una delle pietre miliari dell’interpretazione del fenomeno delle tarantolate in cui per la prima volta si poseranno le basi per la sua interpretazione antropologica ed etnografica.