La funzione del colore nella taranta

La funzione del colore nella pizzica è notevole. Una delle componenti del rituale indiavolato che si scatenava intorno alle tarantolate era infatti la presenza di diversi fazzoletti o stracci di stoffa variamente colorata che facevano parte della coreografia del ballo.

Ma i colori non avevano solo una funzione estetica, ma erano uno degli strumenti principe del tentativo di esorcizzare il male dal corpo della vittima.

Una delle tradizioni popolari più conosciute riguardo alle tarantolate è il fatto che essere sembrano essere particolarmente sensibili ai colori, tanto da gettarsi addosso a coloro che avessero indossato un indumento o portassero una stoffa di un colore che poteva scatenare nella tarantolata una immediata reazione, in genere di carattere aggressivo.

E’ per questo motivo che anche nel momento del rituale intorno alla donna da esorcizzare si dispongano tutta una serie di nastri e stoffe colorate: vuole la tradizione infatti che qualora si riesca ad individuare il colore che fa agitare la malata si possa stracciare il pezzetto di stoffa corrispondente, contribuendo in questo modo ad alleviare il malessere o addirittura, in concomitanza con la musica a farlo sparire, almeno fino all’anno successivo, quando immancabilmente il male si ripresenterà.

E’ questo un altro dei motivi per cui gli studiosi della pizzica e del rito delle tarantolate sono così convinti che essa abbia origini ancestrali, perchè colori e musica sono stati da tempo immemore i fondamentali supporti di molta parte degli antichi riti pagani, e, psicologicamente, gli stimoli più intensi dei nostri sensi più importanti, la vista e l’udito.

Le tarantolate come fenomeno di riscatto sociale

Sarà solo agli albori degli anni ’60 che, dopo quasi 4 secoli di studi e di interesse più o meno approfondito, ci sarà una prima interpretazione corretta e verosimile di tutti i significati che portava con se il fenomeno delle tarantolate, ed il suo stretto connubio con la musica avente funzione esorcizzante, con il ballo.

Ed anche con la condizione psico patologica che sembrava inspiegabilmente colpire alcune donne nei territori dell’Italia Meridionale ed in Salento in particolare, dove la tradizione delle tarantolate aveva addirittura un momento culminante nel rito che si tiene ogni anno a Galatina, in provincia di Lecce, il 29 giugno.

Ernesto De Martino sarà l’antropologo che per primo infatti riuscirà, in un famoso libro uscito nel 1959, “La terra del Rimorso”, ad offrire un quadro generale esplicativo di tutte le componenti in gioco in questo antichissimo fenomeno culturale.

Secondo lo studioso, il morso della tarantola, ed il ballo esorcizzante che serviva ad arrestare l’influsso del veleno nel corpo poteva essere spiegato come una forma di risposta, giocata sul piano dell’irrazionale ad una condizione di profonda oppressione culturale e sociale.

Non a caso il ragno sembrava infatti colpire prevalentemente le donne, che subivano profondamente e doppiamente tale oppressione, perchè di una classe sociale subalterna, e perchè donne.

De Martino scopre attraverso interviste e ricerche, che molte donne colpite dalla tarantola avevano un percorso di vita segnato da profonde crisi personali, dall’impossibilità di seguire il proprio desiderio in amore, al fatto di essere relegate ad una condizione di inferiorità, e che forse la sublimazione nel rito magico ha permesso a molte di loro di evitare forme di malattia psichica e neurologica anche molto gravi.

Origini della danza delle tarantolate

Alle origini della pizzica, e delle altre analoghe danze diffuse in tutto il meridione d’Italia molti studiosi pongono il retaggio culturale di antiche danze provenienti dalla Grecia.

Ciò è verosimile se si pensa che molte delle regioni in cui sono diffusi tali balli popolari nell’antichità erano state fortemente influenzati dalle popolazioni greche che dominavano porzioni in alcuni casi assai vaste di territorio oppure si erano insediate in operose e prospere colonie lungo le coste.

Testimonianze della presenza così viva dell’antica cultura greca sono evidenti non solo nei tanti reperti archeologici presenti sul territorio, ma anche nella presenza di minoranze linguistiche che ancora oggi parlano il greco, come il dialetto presente in una ventina di comuni della regione salentina ancora oggi utilizzato da circa 30 mila persone, il grecanico.

La danza nel periodo ellenico era essenzialmente di due tipi, e secondo la divisione operata dal filosofo tedesco Nietzsche, si divideva in apollinea e dionisiaca. Le danze del primo gruppo sembrano avere provenienza cretese e dorica, erano eseguite durante le tragedie e rappresentavano l’espressione di quello che era l’ideale greco della bellezza del corpo e dell’armonia dei gesti e dell’espressione corporea.

Le danze dionisiache invece erano l’espressione di una visione del mondo e del corpo più irrazionale, mistica e selvaggia, ed erano prevalentemente legate ai culti dionisiaci ed alle feste in suo onore, i baccanali, caratterizzati in genere dalla sfrenatezza dei comportamenti, dalla liberazione dalle regole morali, e dalla prevalenza dello sberleffo, dell’oscenità e dell’irriverenza.

Molte testimonianze affermano poi che anche presso i greci erano praticate forme di danza con funzione terapeutica ed esorcizzante, come avviene in Salento nel caso del ballo delle tarantolate.

I tarantolati nei documenti medici e scientifici

Il rituale del tarantismo è antico quanto la presenza delle prime comunità umane nel bacino del mediterraneo, e la prova di ciò è nella stessa modalità in cui esso si esprime, in cui si possono agevolmente rinvenire tratti tipici di analoghe manifestazioni di carattere spirituale e magico, che ancora oggi fanno parte del patrimonio dell’umanità in tutte le latitudini.

Un profondo legame con gli aspetti oscuri e magici del rapporto dell’uomo con l’ambiente circostante, dove magia e simbolizzazione di elementi naturali, in questo caso il piccolo ragno che si aggira nelle campagne, responsabile al massimo di una innocua puntura, servono per rappresentare antiche ed ancestrali paure dell’uomo, ed uno dei più antichi modi di esorcizzarle, attraverso la musica e la danza.

Per questa ragione già agli albori della scienza medica e della scrittura si hanno documenti che attestano della volontà dei letterati degli scienziati e degli intellettuali di descrivere un rito così antico, cercando di spiegarne le ragioni e le modalità in cui si esprimeva.

Nel 1362 tale Guglielmo Marra da Padova del 1362, racconta che una credenza popolare voleva che il ragno cantasse dopo aver punto la sua vittima e che questo fosse il motivo per cui proprio la musica servisse per alleviare le pene del tarantolato.

Nella metà del ‘400, Johannes Tinctoris, cita la questione dei tarantolati nel suo tentativo di dimostrare gli effetti terapeutici della musica, ed il famoso alchimista tedesco Cornelio Agrippa cita i tarantati pugliesi quando vuole dimostrare la forza ed il potere della musica sull’uomo.

Anche gli umanisti si occuperanno di descrivere il fenomeno dei tarantolati, come l’umanista Antonio De Ferrariis nel 1513.
Ed ancora più prossimo all’epoca dei lumi, un medico e scienziato, Giorgio Baglivi, scrive nel 1695 un intero trattato sul tema: “De Tarantula”.

Endorcismo ed Esorcismo: il fenomeno delle tarantate

La tradizione vuole che le ragazze, una volta pizzicate dalla tarantola, presentino dei segni premonitori del malessere provocato dal veleno del ragno. Sulla potenza di questo veleno si sono interrogati medici ed etologi ma sino ad oggi non è stato individuato alcun ragno, presente in Puglia, in grado di provocare tali mutazioni neurovegetative e psichiche.

È facile immaginare che il ragno era uno stratagemma ideato per fuggire da una realtà di stenti e di difficoltà, sia a livello economico che sociale, problemi che si riversavano pesanti sulle spalle delle donne meridionali (in questo caso salentine). In giugno, quando le donne andavano a raccogliere le spighe di grano, venivano pizzicate dal ragno e si dava dunque inizio alla “danza”.

La prima cosa da fare era individuare che tipo di tarantola avesse pizzicato la donna. Nella stanza della donna pizzicata veniva suonata una musica con i tamburelli e con altri strumenti che avrebbe fatto muovere la donna secondo dei movimenti rivelatori della la razza dell’aracnide: taranta libertina, taranta muta, taranta tempestosa, etc. Inoltre venivano sottoposte ad una “esplorazione cromatica”: davanti a loro vi erano dei nastri sgargianti di vari colori, le zacareddre.

La loro reazione di fronte ai colori dei nastri sarebbe stato una ulteriore del tipo di tarantola coinvolta. Molte volte la loro reazione poteva raggiungere alti gradi di aggressività nei confronti di coloro che indossassero il colore della tarantola.

Prima ancora dell’esorcismo vero e proprio (la soppressione del ragno tramite la danza terapeutica della pizzica) vi era la fase dell’endorcismo: la pizzicata si identificava con il ragno e assumeva atteggiamenti e movimenti aracnoidi: si stendeva sul suolo, strisciava, mimava l’andatura del ragno, roteava il capo, cercava di arrampicarsi sulle pareti. Questa fase poteva durare anche alcuni giorni. La sera, esauste, crollavano a terra nei loro camicioni bianchi per riprendere la danza il mattino dopo. Solo la danza ritmica e frenetica della pizzica avrebbe potuto “far scoppiare” il ragno che l’aveva pizzicata. La fine del rituale avviene con il vero e proprio esorcismo: la danza frenetica che scaccia il male e le donne che calpestano i piedi per terra per schiacciare idealmente il ragno fino ad giungere a completa guarigione. Una volta guarite ritornavano alla loro vita di sempre in attesa dell’anno successivo, quando molte di loro venivano pizzicate nuovamente.