Salento: lu sule, lu mare, lu ientu

La terra salentina si estende lungo la parte finale del tacco del nostro italianissimo stivale. Si estende in lungo nel mare, di cui è circondato e nel quale affonda, spaccata in due dal sole che la rende una delle terre più ricche e belle d’Italia.

Il suo mare cristallino, i suoi 250 km di coste infrastagliate di spiagge e scogli, è entrato nel cuore di molti che, una volta giunti in questa terra, accolti dal calore e dalla socievolezza della sua gente, non possono non tornate, come attratti da un mal d’Africa.

Posta alla fine dell’Italia, il Salento non è un luogo di passaggio per gente che va e viene lungo il percorso dello stivale. Nel Salento non ci capiti per sbaglio, ci devi andare per forza. Grazie probabilmente a questa sua naturale disposizione geografica, il Salento è riuscito a conservare viva la propria storia e la propria cultura, quasi congelata nel tempo, come se il progresso non fosse mai arrivato. L’essere stata meta anelata e terra di conquista da parte di Greci, Bizantini, Romani e Messapi lo si può vedere ancora oggi nella sua architettura, nella sua cultura, nelle tradizioni e nei toponimi. E non a caso che si parla di Grecia Salentina.

Una terra di cultura, abbiamo detto, stesa sul Tavoliere delle Puglie con i suoi uliveti secolari, le vigne, le distese di tabacco, i campi di grano. Qui non ci sono colline e il tuo sguardo si perde al di là dell’orizzonte. Il sole a volte ti acceca, riflesso dalle acque del mare o dal bianco delle sue case abitate da gente che mantiene viva ancora la propria lingua, spesso infarcita di termini spagnoli, greci o arcaici, traccia di passaggi storici di popoli che hanno lasciato il segno.

Il mare, il sole e il vento, lancia un refrain sul Salento. Ma accanto a questi giusto ricordare che il Salento è terra florida per la fauna e la flora con le sue zone protette e i suoi panorami spettacoli. Una terra che ha imparato a farsi amare anche per la sua cucina, puramente mediterranea, che annovera piatti rinomati nel mondo e che delizia non soltanto con gli occhi ma anche con il palato. Un luogo da visitare, sicuramente. E da amare poi.

Il tamburello leccese, simbolo tradizionale della Pizzica

Il ritmo sincopato di questa musica terapeutica viene eseguito con lo strumento principe del ritmo: il tamburello. Quello della pizzica è un tamburello particolare, costituito da un cerchio di legno sul quale è stata fissata una membrana tesa. Sul cerchio di legno, poi, sono presenti delle fessure nelle quali sono stati inseriti dei piccoli piatti metallici che, ad ogni colpo dato con il palmo della mano sul bordo del tamburello, tintinnano producendo un suono particolare, tipico del ritmo di questa terra.

Esemplare omnio della della cultura mediterranea, il tamburello viene ancestralmente scelto anche per il suo simbolismo incoscio. Il cerchio è la figura geometrica perfetta e rappresenta la ciclicità perenne della vita. In esso non è possibile distinguere un inizio o una fine. Tutto si sussegue e tutto è co-presente, in ogni momento, senza sosta alcuna. Non vi è distinzione o di divisione, dove tutto rientra in una omogeneità divina, se non primordiale. Il movimento circolare della sua forma è simbolo universale e perfetto, dove tutti i punti sono equidistanti dal centro, ha nei millenni rappresentato l’interminabile e il divino, sia in campo animistico che religioso.

Ed è in questo simbolo di perfezione e di concentramento di grandi forze naturali, così come lo considerano i testi indiani Veda, che il tamburello segna con il suo ritmo incalzante il susseguirsi delle stagioni e della vita, dei cicli agricoli e vitali che ritornano ogni anno, senza sosta e senza placarsi, vestendosi di trascendente e di spirituale.

Il tamburello, dalla forma circolare, appartiene alla tradizione più antica e la sua nascita è nascosta nelle radici del tempo. Uno dei primi strumenti musicali creati dall’uomo, dava il ritmo e creava la musica delle danze sacre, portava alla trascendenza, spesso a stati di trance. Il suo suono univa il mondo trascendentale e il mondo umano, unendo terra e cielo. In questo cerchio di perfezione, dove le diversità vengono annullate, la femmina pizzicata riusciva a ritrovare la sua dimensione e scavalcava ogni ostacolo alla sua uguaglianza sociale. Al ritmo della musica del tamburello, non era più un essere inferiore, ma riacquistava la sua dignità e il suo anelato valore sociale.

Il tarantismo è ancora vivo?

In Puglia tutti conoscono la pizzica e l’hanno vista ballare almeno una volta. Ogni anno, a Melpignano e nelle terre circostanti, vengono organizzati Festival e manifestazioni per ricordare e commemorare i tempi delle pizzicate e “La notte della Taranta” è una di quelle manifestazioni che hanno fatto il giro del mondo.

Oggi assistiamo ad una disgregazione del fenomeno delle tarantate. Se nel passato, a giugno, le donne a frotte si recavano a Galatina, presso la cappella di San Paolo, per essere esorcizzate dal veleno del ragno, oggi queste donne sono davvero poche. Arrivano di nascosto in auto, generalmente accompagnate dai parenti più stretti, e subiscono il rituale in un luogo chiuso agli occhi dei curiosi.

Non è possibile entrare all’interno ed assistere al rito: la privacy viene difesa rigidamente. Se una volta i riti duravano giorni, oggi durano pochi minuti e le pizzicate escono veloci dalla chiesetta per ritornare quasi vergognose a casa, di corsa. Alcune delle pizzicate, se possono, cercando di risolvere la questione a casa propria, cercando di nascondersi agli occhi della gente.

Oggi non è più un fenomeno di massa e non si svolge con le modalità di una volta. La distanza storica fra l’epoca d’oro delle tarantate e l’oggi è ormai ampia. E si vede. Perché è successo? Perché sono cambiate le condizioni storiche e sociali e la situazione del Sud, e della donna nel Sud, è cambiata profondamente. Non che certe credenze si siano affievolite, ma la condizione della donna è cambiata. Non è più necessario farsi pizzicare dal ragno. Le donne stanno conquistando il loro spazio da sole e hanno altri modi per occupare il loro spazio nel mondo.

Ma le tarantate ci sono ancora e ci resteranno, anche se a volte solo nei balli, a memoria di un mondo, in fondo, non così lontano.

“Sangue vivo” si muove alle note della Taranta

Dopo cinque anni da Pizzicata, nel 2000 Edorardo Winspeare decide di ritornare a parlare del Salento e della Taranta con un nuovo lungometraggio: Sangue vivo.

Scritto e diretto da Edoardo, narra la storia di un gruppo di suonatori di taranta la cui storia si intreccia con i traffici della malavita tra Italia ed Albania, la dipendenza dalla droga. È una storia drammatica, di contrasti, dove due fratelli salentini, Donato e Pino Zimba si affrontano a muso duro corrosi da vecchie storie familiari che porteranno alla morte di uno dei due mentre, sullo sfondo, si alternano i colori e i suoni del Salento con i suoi tamburelli e la sua pizzica.

Un film coraggioso, sicuramente, che narra la storia di questa terra utilizzando la sua lingua, quel dialetto così stretto che ha bisogno dei sottotitoli per essere compreso. Winspeare riesce a parlare di questa vicenda cruda e reale senza cadere in banalità e dipingendo una Puglia vera, senza falsità, dove tutto è natura e tutto è istinto. Parla dei suoi uomini, di giovani che non hanno lavoro e che vagano per le strade notturne delle città, che si mescolano con i nuovi immigrati albanesi, si intrecciano con loro e si combattono, alla ricerca di un’identità che si ritrova forte e viva nella pizzica. Ed è proprio la pizzica la vera protagonista di questo film che con Pino Zimba raggiunge vette difficilmente raggiungibili.

Un film poco conosciuto, questo è vero, ma che possiamo annoverare fra le perle preziose che una terra come il Salento ha donato a chi ha occhi e cuore per viverlo.

Premi e riconoscimenti cinematografici

    • Festival International Cinema Meditérranéen di Montpellier: Antigone d’Or Best Film
    • Festival di Saint Vincent 2000 per il Cinema Italiano: Grolla d’oro Miglior Film, Grolla d’Oro Migliore Colonna Sonora, Grolla d’Oro Miglior Produttore
    • Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián: New Directores Award
    • Sundance Film Festival, come primo film italiano

Titolo originale: Sangue vivo
Paese: Italia

Anno: 2000

Durata: 95′

Colore: colore

Audio: sonoro – dialetto salentino (sottotitoli in italiano)

Genere: drammatico

Regia: Edoardo Winspeare

Soggetto: Edoardo Winspeare

Sceneggiatura: Antonella Cannarozzi, Sabrina Balestra, Giorgia Cecere, Edoardo Winspeare

Interpreti e personaggi: Pino Zimba, Lamberto Probo, Alessandro Valenti, Lucia Chiuri, Claudio Giangreco, Ivan Verardo, Cinzia Marzo
Musiche: Gruppo Zoè

Pizzicata festival 2008, a Martano nella Grecìa Salentina


Culli soni e culli canti
Pizzicata Festival 2008
Martano (Le), 3-5 agosto 2008
direzione artistica: Vincenzo Santoro

A Martano (LE) uno dei principali paesi della Grecìa Salentina, Vincenzo Santoro propone Pizzicata Festival 2008, un progetto musicale che  mette a confronto tra di loro alcuni dei gruppi popolari che più di altri ripropongono in modo autentico le varie forme di musica popolare della tradizione orale del Sud d’Italia.

I temi principali che caratterizzano questa edizione di Pizzicata Festival 2008 sono:

il canto femminile ed il canto sociale.

Per il primo tema gli ospiti saranno le Sorelle Marras dalla Sardegna,  le FicuFresche dalla Campania,  per i canti di lavoro e sociali, Otello Profazio, il “pioniere” della canzone popolare politica in Italia, i Rione Junno da Monte Sant’Angelo,  Tonino Zurlo da Ostuni, lo spettacolo Memorie della Terra, con i canti e i racconti delle lotte contadine e delle tabacchine del Salento.

Nel programma è previsto anche un percorso tra musica e sapori di terra d’Otranto con Anna Cinzia Villani e Suoni Rurali “Li guai de la pignata”.

PROGRAMMA PIZZICATA FESTIVAL 2008

Domenica 3 agosto 2008
Ficufresche
Viesh. Il canto nelle comunità italo-albanesi
Anna Cinzia Villani e Suoni Rurali in Li guai de la pignata

lunedì 4 agosto 2008
Sorelle Marras
Otello Profazio

Malicanti

martedì 5 agosto 2008
Tonino Zurlo
Memorie della Terra. Canti e racconti di lavoro e di lotta del Salento
Rione Junno (omaggio a Matteo Salvatore)

Danza a scherma o Danza delle spade

Danza a scherma o delle spade è una danza molto antica che ogni anno viene riproposta dal tramonto del 15 agosto all’alba del 16 agosto nello spaio antistante il Santuario di S. Rocco a Torrepaduli in occasione dei festeggiamenti in onore del Santo.

Molto probabilmente deriva da duelli rusticani che si tenevano per difendere l’onore o l’orgoglio fra famiglie rivali o in occasione di fiere e mercati. Anche se non lo si può affermare con certezza questo ballo sembra essere stato introdotto dagli zingari che gestivano i principali mercati di bestiame.

Il ballo è accompagnato dagli immancabili tamburelli salentini e da armoniche e bocca. I danzatori si sfidano in una specie di duello che in passato prevedeva l’utilizzo di coltelli oggi non più utilizzati.

Lo scopo principale della danza è quello di colpire l’avversario, e ogni gesto simula i movimenti tipici della lotta con i coltelli seguendo delle regole di combattimento: non voltare mai la schiena all’altro, essere sempre vigili e tenere bene le distanze.

Il ballo prevede la presenza di due ballerini che vengono man mano sostituiti con persone presenti nel gruppo.

Pizzica-pizzica o la pizzica de Core

Pizzica-pizzica o pizzica de Core costituisce l’espressione più tradizionale della danza salentina e le sue origini sono ancora incerte.

Per molti costituisce quasi un rito praticato dalla gente semplice che dopo un duro giorno di lavoro nei campi in occasioni particolari si radunava per cantare e ballare insieme. Questo tipo di pizzica non è altro che un lungo corteggiamento durante il quale i due ballerini si lanciano sguardi provocatori avvicinandosi l’un l’altro ma non toccandosi mai.

Vi sono solo un timido sfiorarsi e una serie di gesti che evidenziano il desiderio dell’uomo di entrare nelle grazie della donna, e quello di lei di essere corteggiata dall’uomo, ma nello stesso tempo di sfuggirgli nel momento in cui egli prova ad avvicinarsi. Sicuramente il tutto deriva dalle condizioni sociali e culturali del tempo, quando cioè le distanze tra uomini e donne dovevano essere sempre rispettate.

Un elemento particolare in questo tipo di ballo è il fazzoletto rosso che la donna sventola provocando l’uomo che di volta in volta sceglie come suo compagno di ballo fino a quando non lo dona a colui che è in grado di assecondarla maggiormente. Inoltre non ci sono passi precisi da imparare e seguire perché il tutto è affidato alla sentimento, alla fantasia, alla sensualità e passione dei protagonisti.

Manifestazioni e fascino della Danza

Oggi sono tante le grandi e piccole manifestazioni che rievocano il fascino di questa danza.

Ne costituiscono alcuni esempi la festa dei Santi Pietro e Paolo il 28-29-30 giugno a Galatina durate la quale vi sono tantissime danze al suono della pizzica pizzica;

la festa di S. Rocco il 15-16 agosto a Torre paduli ed infine la famosissima Notte della Taranta che si svolge il 21 agosto a Melpignano e durante la quale numerosi artisti salentini, italiani e stranieri si incontrano su di un palco per far rivivere il fascino di un’antichissima tradizione.

Accanto a queste tappe più importanti è anche giusto ricordare che nel corso dell’estate, tanti gruppi meno famosi ma altrettanto bravi, si esibiscono in tantissime piazze per far conoscere e per far ballare la loro musica.

Credenze Popolari, il Tarantismo

Secondo la credenza popolare il tarantismo era uno stato di malessere, provocato dal morso di una tarantola, che si manifestava soprattutto nei mesi estivi quando i contadini spesso vestiti con pochi abiti si recavano nelle campagne per mietere il grano.

Sempre secondo le credenze popolari dal morso della tarantola si poteva guarire solo grazie all’ausilio di un particolare tipo di musica chiamata appunto “la pizzica” a cui si aggiungevano danze e colori. Si era praticamente di fronte ad una sorte di esorcismo musicale, coreutico e cromatico. Molto spesso si riteneva che fossero le ragazze ad essere colpite dal morso della tarantola. A questo punto nelle loro case o in piazze pubbliche si accompagnavano dei musici che utilizzando tutti gli strumenti che avevano a disposizione (tamburelli, organetti ed altro), davano vita ad un ritmo frenetico con lo scopo di far ballare, sudare e cantare le ragazze fino allo svenimento.

Si pensava che mentre la Tarantata,cioè la ragazza morsa, ballasse per ore ed ore, anche il ragno soffrisse e si consumasse fino a scoppiare. A questo punto la ragazza si credeva graziata da S. Paolo e veniva portata presso la sua cappella a Galatina, dove beveva l’acqua sacra del pozzo ivi adiacente e ripeteva un breve rito.

La pizzica del Salento

Da un decennio a questa parte si è avuto in tutto il Salento la riscoperta della musica popolare fatta soprattutto di suoni caldi e solari proprio come la gente del luogo. Sempre più spesso d’estate si può assistere a concerti di gruppi folkloristici e a centinaia di persone che si lasciano trascinare dai canti e dai suoni frenetici della pizzica.

Lo strumento principe di questo ballo è il tamburello leccese suonato in modo particolare e cioè dando il ritmo di base con la percussione e, un caos ordinato con i sonagli. Ad esso si accompagnano:
– la tamborra, cioè un tamburello sordo senza sonagli che viene molto utilizzato nelle pizzichi tarantate perché origina un suono cupo e profondo che ricorda il rito di guarigione;
– il violino che è stato introdotto come strumento terapeutico per le tarantate
– la chitarra che ultimamente è stata utilizzata anche come strumento solista e di cui una forma particolare importata nel Salento è costituita dal Trés;
– l’organetto che è lo strumento folkloristico per eccellenza
– le nacchere spagnole hanno anche una versione salentina chiamata tiritacchete;
– il mandolino e la mandola napoletani;
– il flauto insieme al tamburello sono gli strumenti più antichi della tradizione popolare salentina che veniva suonato nella sua versione doppi fin dal periodo messapico
– cupacupa e tricche tracche sono due strumenti che vengono utilizzati per mantenere il ritmo.

La musica folkloristica salentina è fatta soprattutto di danze e di tarante che possono essere suddivise in tre categorie principali di pizzica: la pizzica tarantata , la pizzica de core e la danza delle Spade.

La pizzica tarantata è un’antica danza terapeutica individuale o collettiva che nasce dall’altrettanto antico rito di guarigione dei taratati e dal loro pellegrinaggio del 29 giugno presso la Cappella di San Paolo a Galatina.